sabato 17 marzo 2012

# Melograni


Qualcosa iniziò qui.
Erano le sei di sera, ed il sole era ancora caldo sopra l'orizzonte di cielo e mare.
L'albero si trovava su una discesa, tra le piante grasse, arbusti di rosmarino e altri rovi tipici della macchia.
Mi ero procurata un taglio sulla fronte cercando di raggiungere i rami più alti che si intrecciavano con un fico d'india. Dopo qualche tentativo, sentendo la ferita bruciare, mi arresi avviandomi verso casa con ciò che avevo raccolto.
Saltai i gradini a due a due, stando attenta a non perdere nemmeno un frutto, ed entrai nel soggiorno dopo essermi pulita la fronte. Maurizio era intento a farsi una sigaretta, appena tornato da lavoro. Davanti a lui qualche confezione di biscotti e crostini, un posacenere ed una galassia di briciole sparse sulla tovaglia di nylon.
Appoggiai il secchio su una sedia e cominciai a disporre i melograni sul tavolo, uno accanto all'altro.
Tredici... quattordici...
- Belli questi - disse prendendone uno in mano e sorridendo stupito.
- Ce ne sono altri ancora attaccati all'albero. Non posso crederci che non li hai mai raccolti! - risposi posando il ventesimo melograno accanto alla bottiglia d'acqua.  "Non si può bere dal rubinetto, okay? L'acqua arriva all'isola in condizioni batteriche valide solo per cuocerci la pasta. Quindi non berla, per quello ci sono le bottiglie, okay?" Ricordo che me lo disse il giorno del mio arrivo. Aveva un modo strano di dire le cose Maurizio, le ripeteva, quasi ad assicurarsi di aver parlato, più che essersi fatto capire. "Capisco" risposi un po' stranita. Da li in poi mi sarei abituata a stappare bottiglie di plastica ogni giorno.
- Deh, in effetti non c'ho fatto caso - sussurrò Maurizio appoggiando il frutto sul tavolo e riprendendo la sigaretta tra le labbra - Allora è questa la loro stagione ... -
- Però dei fichi d'india maturi ve ne siete accorti con Francesco, il frigo ne è pieno! - esclamai togliendomi i sandali. Maurizio era davvero particolare. A quel tempo ero convinta che non si sarebbe accorto nemmeno di uno stormo di fenicotteri atterrato in cortile, se mai fosse accaduto.
La sua espressione parve aggrottarsi. S'incupì, ma un'istante dopo distese le rughe sulla fronte, forse per far spazio a qualche nuovo pensiero.
- I fichi d'India sono ovunque, e Francesco ne raccoglie una ciotola ogni mattina, dopo aver annaffiato l'orto. Da piccolo li mangiavo dopo scuola, ora li vedo andando a lavoro e tornando a casa. Ci sono sugli scogli, dietro l'asilo di mia figlia, e perfino nel parco giochi. Ci sono, li noto, li mangio. - disse proprio così, alzandosi e aprendo il frigo - Invece l'albero di melograni sta dietro casa, in un posto un po' ripido, hai visto? In realtà sapevo che c'era, ma non ho mai avuto tempo ne voglia di scendere tra tutta quell'erba alta. Abbiamo i fichi, a che servono i melograni? - Rise di gusto, senza però nascondere una nota di tristezza, mentre posava una ciotola dei suoi frutti preferiti sul tavolo.
Sapevo che la sua teoria per lui era più che azzeccata. "Potrei avere di più, ma ho tutto, sono fortunato" diceva spesso. E gli bastava così a quanto pare.
- Forse ti sembrava una perdita di tempo, per questo...- iniziai, ma m'interruppe quasi ritrovando il filo di un discorso perso.
- Si. Perdo tanto tempo, tutti i giorni, a cercare le cose. - sospirò.
- Anch'io. A volte penso che se avessi più testa avrei più cose - ammiccai ai melograni sorridendo e portandomi una mano alla ferita in fronte, ma Maurizio sembrava più serio.
- Se avessi più testa avrei più tempo - disse soltanto.




Nessun commento:

Posta un commento